La nuova determinazione ASI: trappola storica per tutti i veri appassionati.
Si dice spesso che “Al peggio non c’è mai fine” e il nuovo testo inerente la determinazione dei veicoli storici emanato dagli organi dell’ASI, in vigore dall’anno 2011, conferma in pieno l’adagio popolare.
In barba alle disposizioni del Ministero delle Finanze, che attende ormai da oltre dieci anni una determinazione sotto forma di elenco di veicoli suddivisi per marca, modello, allestimento e anno di costruzione – sulla scorta di quanto da anni fa la FMI. In barba (ma non insensibile) alle numerosissime sentenze delle Commissioni Tributarie Provinciali, le quali a più riprese hanno denunciato l’inadempienza e il comportamento scorretto dell’associazione, l’ASI non solo ha apportato sostanziali modifiche ai criteri di determinazione in vigore dal 2001 al 2010, ma è riuscita nell’impresa di peggiorare un lavoro che già era sembrato pessimo.
Se la precedente determinazione, in vigore dal 2001 al 2010, faceva riferimento ad una serie di caratteristiche tecniche presenti nel Regolamento Tecnico Nazionale dell’ASI stessa, e lasciava dunque agli appassionati un margine per provare ad ottenere i benefici di legge – in particolare la riduzione di Bollo auto e IPT- tramite autocertificazione, il testo aggiornato nel 2011 invece, scritto come nemmeno l’azzeccagarbugli di manzoniana memoria avrebbe saputo fare, sembra essere progettato proprio per chiudere ogni libertà di manovra a chiunque voglia vivere la propria passione per i veicoli storici senza versare gabelli a Torino e dintorni.
Il testo merita di essere analizzato nel dettaglio, per chiarire e capire quali siano le intenzioni dell’ASI – anche se forse sono già chiare a tutti – e magari provare a difendersi di fronte all’ennesimo abuso ai danni di migliaia di liberi appassionati.
Nella nuova determinazione si afferma infatti che:
Il Consiglio dell’ASI, preso atto:
– Che il Decreto 17 dicembre 2009 – 19 marzo 2010, emanato dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha disciplinato, tra l’altro, modalità e procedure per acquisire la qualifica di veicolo di interesse storico e collezionistico, ai fini della circolazione,dello stesso;
– Che un’unica qualifica e procedura, valida sia per la circolazione che per ottenere i benefici fiscali in materia di tasse automobilistiche, risponde meglio ai criteri della semplificazione e della univocità di definizione.
determina,
ex art. 63, comma 3, Legge 342/2000, che per il 2012 sono da ritenersi veicoli di particolare interesse storico e collezionistico i veicoli costruiti entro il 31.12.1992, e che, avendo le caratteristiche previste dal Decreto Ministero delle infrastrutture e dei Trasporti 17 dicembre 2009 – 19 marzo 2010, per il rilascio del Certificato di Rilevanza Storica e Collezionistica, – siano iscritti nei propri Registri ASI ai fini fiscali e venga loro rilasciato l’Attestato di Datazione e Storicità (ad probationem)-.
La procedura attuativa per l’individuazione dei veicoli suddetti, prevista dalla normativa richiamata, è quella indicata per il rilascio del Certificato di Rilevanza Storica e Collezionistica.
Qualcosa non torna, e vale la pena rifletterci su:
la definizione di veicolo “di particolare interesse storico e collezionistico” è equiparata a quella di “veicolo di interesse storico e collezionistico. Mettiamolo subito in chiaro: le due definizioni non coincidono, e non siamo noi a dirlo, ma la sentenza della Corte Costituzionale n. 455 del 2005. Come correttamente sostenuto dalla Corte, la prima categoria difatti rileva per quanto attiene i benefici fiscali, mentre la seconda si riferisce esclusivamente alla circolazione su strada dei veicoli individuati. Chi dà all’ASI il potere di uniformare ciò che il legislatore tiene distinto?
Incoerenza palese rispetto al Decreto Ministero delle infrastrutture e dei Trasporti 17 dicembre 2009 – 19 marzo 2010. Questo è il punto più alto della reinterpretazione legislativa operata dai dirigenti dell’ASI. L’intento, dicono, è quello di semplificare, uniformando le due definizioni di “veicoli storici” (quella di “veicolo di particolare interesse storico e collezionistico”, definita dalla l.342/2000, e quella di veicolo storco di cui all’art.60 del Codice della Strada). Ma a questo punto, a voler essere coerenti fino in fondo, l’attestazione di datazione e storicità non sarebbe più stato l’unico documento utile a dimostrare il possesso dei requisiti individuati dalla legge, dovendosi riconoscere anche quelli emessi da Registro Fiat, Alfa Romeo e Lancia. Ecco spiegato il perché del richiamo, altrimenti immotivato, al loro attestato di datazione e storicità.
L’attestato di datazione e storicità ad probationem è l’unico documento utile a dimostrare il possesso dei requisiti di storicità: la determinazione è rilasciata annualmente dalle associazioni individuate, ed essendo un documento annuale, non può essere che un documento generale (come una lista) e mai un documento particolare (come un attestato). La legge richiede una determinazione generale, e in base a quella si deve decidere in merito all’assegnazione dei benefici. Punto, qui dovrebbero finire le pene di tutti gli appassionati di veicoli storici in Italia. l’ASI, invece, ci vuole far credere che esiste un certificato (il certificato di datazione e storicità), emesso dalla stessa ASI, la cui valenza dovrebbe essere esclusivamente ad probationem. In realtà, se tale poteva essere considerato l’attestato di datazione e storicità stante la precedente determinazione (in cui il contribuente era lasciato comunque libero di provare il diritto in altro modo), con la nuova determinazione, da requisito oggettivo, tale attestato diventa un requisito soggettivo. Semplificando, è come se l’attestato fosse non più un certificato, un documento, ma un pezzo della stessa vettura, e pure un pezzo importante, visto che discrimina tra un veicolo di particolare rilievo storico e un veicolo semplicemente vecchio. Per chi ha un senso tutto ciò? Chi trae vantaggio da questa situazione? L’ASI naturalmente!
Palese violazione dell’art. 18 della Costituzione. Torniamo infine al nocciolo della questione. Imponendo di fatto l’iscrizione ai propri registri ai fini fiscali e manifestando la propria volontà di non lasciare margine di prova al contribuente che non voglia rivolgersi a tale associazione ai fini fiscali, l’ASI costringe il contribuente che ha il diritto potenziale ad ottenere i benefici fiscali a iscriversi a un club federato. E la libertà di associazione? Posso essere libero di possedere un veicolo di particolare interesse storico e fruire dei benefici che la legge mi riserva senza dovermi associare all’ASI? E se io volessi dissociarmi (cosa che peraltro già fanno in molti)? La determinazione contiene infatti una svista clamorosa quando si parla di iscrizione nei propri registri ai fini fiscali. Un veicolo non si iscrive da solo, ma lo iscrive il proprietario. E’ libero il proprietario di iscriversi ad un’altra associazione e ottenere comunque i benefici fiscali? Da quanto scritto, pare di no.
Nel complesso, ci sono pochi dubbi, la determinazione è illegittima sotto molti profili, e comporta notevoli danni per tutti gli appassionati. La cosa che riteniamo ancora più grave è che, contrariamente a quanto fatto per la precedente determinazione, in questo il documento della determinazione non sembra essere reperibile da nessuna parte. C’è soltanto una comunicazione sul loro sito internet, ma del documento non c’è traccia. La FMI pubblica annualmente la determinazione. Perché l’ASI la nasconde?
Concludendo, come difendersi da questa situazione? Esistono due procedure legali, l’interpello e l’autocertificazione, che finora sono stati utili a molti appassionati a far valere le proprie ragioni nelle sedi competenti. Esiste inoltre la possibilità del ricorso alle Commissioni Tributarie, dove tutte queste contraddizioni sono state sempre smascherate. La strada è in salita, certo, ma portando avanti le proprie ragioni e facendosi sentire nelle sedi opportune è possibile migliorare la situazione attuale, soprattutto se le voci che si leveranno non saranno poche e isolate, ma molte, coerenti e unite. I casi del Piemonte e dell’Umbria sono esemplari. Inviare un interpello non costa nulla, e potrebbe portare benefici per tutti i veri appassionati.