Il motorismo storico italiano: approfondimenti e nuove proposte. Parte prima

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Chi segue il RIVS sa bene come il Registro si sia a lungo ed approfonditamente occupato della difficile questione relativa al riconoscimento dei veicoli storici e  agli sgravi fiscali relativi. I recenti sviluppi, se non il vero e proprio fermento, riscontrato negli scorsi mesi ci ha spinti a ritornare nuovamente su un argomento che ci sta molto a cuore per chiarire una volta di più il nostro punto di vista e – perché no? – fornire un contributo al dibattito legislativo che si sta sviluppando.
I recentissimi disegni di legge proposti sul tema veicoli storici, uniti al deciso inserimento di ACI nel placido mondo del motorismo storico italiano (sarebbe il caso di parlare del classico elefante finito chissà come in cristalleria) ci hanno portati infatti alla decisione di realizzare una rassegna di articoli che, pubblicati con cadenza settimanale, focalizzino l’attenzione sulla legislazione italiana – vigente e in discussione – in riferimento ai veicoli storici.
A partire dalla definizione di cosa sia veicolo storico,  affronteremo nel concreto le normative vigenti e le loro contraddizioni per mettere in evidenza la necessità di rendere omogenee le regole per tutti.
Analizzato lo
status quo, volgeremo lo sguardo alle proposte che rimangono in attesa di discussione in Parlamento; confronteremo i diversi disegni di legge proposti  tra loro e con la normativa vigente analizzandone pregi e difetti.
Infine, per concludere questo esposizione, presenteremo la proposta RIVS. Un tentativo concreto, che si aggiunge a quelli fino ad ora fatti, per migliorare la legge che inquadra i veicoli storici e aiutare gli appassionati a coltivare la propria passione senza l’oppressione di un’eccessiva burocratizzazione e/o di ancora più odiose limitazioni della libertà di scelta o gabelle.

Il primo punto da cui partire per poter parlare con cognizione dell’argomento è chiarire quale sia l’esatta definizione di veicolo storico attualmente vigente in Italia. Domandiamoci allora “Cos’è un veicolo storico?”
Chiedendo ad appassionati o a semplici curiosi un’esatta definizione difficilmente si otterrà una risposta precisa e coerente. Ed in effetti una vera risposta, chiara e definitiva, non c’è, perché semplicemente non esiste.
Se infatti, com’è prevedibile, il comune buon senso non ci aiuta, anche addentrandoci nell’intricato dedalo della legislazione nazionale ci accorgiamo che la stessa normativa italiana in materia non solo non fa chiarezza, bensì complica ancora di più le cose.
La definizione di auto storica è, difatti, regolata da due diversi testi legislativi: il Nuovo Codice della strada all’articolo 60 e l’articolo 63 della legge 342 del 2000.

Nel primo caso il testo della legge si inserisce all’interno delle norme generali relative ai veicoli e alla loro circolazione, in cui i veicoli storici sono assimilati ai “veicoli con caratteristiche atipiche”. Definizione approfondita ulteriormente da quanto si legge al comma 4: “Rientrano nella categoria dei motoveicoli e autoveicoli di interesse storico e collezionistico tutti quelli di cui risulti l'iscrizione in uno dei seguenti registri: ASI, Storico Lancia, Italiano FIAT, Italiano Alfa Romeo, Storico FMI”.
Chiaro, semplice, preciso, forse troppo preciso, troppo restrittivo. Questa norma difatti, al fine ci fornisce una definizione di veicolo storico come veicolo ultraventennale iscritto ad uno degli enti citati, senza considerare aspetti relativi alle libertà costituzionali che verrebbero lesi affidando ad organismi privati un beneficio per sua natura pubblico.

Ecco perché il legislatore, conscio di tali mancanze, ha ritenuto opportuno dare una seconda esplicitazione di cosa sia un veicolo storico all’interno di una legge finanziaria. La legge 342/2000, relativa a misure in materia fiscale, che all’articolo 63 definisce come di particolare interesse storico  e collezionistico ogni veicolo ultratrentennale senza distinzioni, segnalando al contempo che per i veicoli ultraventennali l’individuazione dovrà basarsi, come da comma 3, su di una selezione decisa“ propria determinazione, dall'ASI e, per i motoveicoli, anche dalla FMI. Tale determinazione è aggiornata annualmente.”.

Abbiamo più volte chiarito il nostro punto di vista sull’interpretazione da dare a tale passaggio, perciò non ci dilungheremo oltre. Quello che ci interessa sottolineare a questo punto è che vi sono due leggi che, anche se riferite ad aspetti legali diversi, offrono due diverse definizioni di veicolo storico, generando confusione tra gli appassionati e, cosa ancora più importante, tra i soggetti che per qualsiasi motivo si trovano ad avere a che fare con tali veicoli: Forze dell’ordine, Regioni, Provincie, Motorizzazione, etc. etc.

Le domande a questo punto sorgono spontanee e sono parecchie: siamo sicuri che siano necessarie due definizioni normative? Non sarebbe meglio adottarne una univoca e inequivocabile? Quale adottare?

La nostra risposta a quest’ultima domanda è estremamente chiara e ancora più semplice (ma ci riserviamo di approfondirla successivamente): nessuna delle due.
Da queste due norme emergono infatti definizioni diverse per la stessa tipologia di veicoli rendendo incongruenti i due testi normativi, ma nessuna delle due ha dimostrato di poter essere ritenuta valida ed esaustiva. Se da un lato l’articolo 63 delle legge 342/2000 ha evidenziato notevoli difficoltà interpretative, dall’altro, se per ipotesi volessimo di applicare il solo articolo 60 del Codice della Strada – il testo che presenta la definizione più restrittiva – ci troveremmo di  fronte a violazioni delle libertà costituzionali che sarebbero insormontabili.
Una simile disposizione obbligherebbe i proprietari dei veicoli ad iscriversi ad uno dei registri citati dall’articolo stesso violando la libertà d’associazione e ponendo il contribuente in un regime non concorrenziale come riconosciuto a più livelli dalla stessa Giustizia italiana.

Dunque la definizione di veicolo storico, ad oggi, non è per nulla semplice e il messaggio che vogliamo trasmettere con questo nostro intervento è chiaro: vi è una forte necessità di uniformare la legislazione per ottenere una definizione univoca, ponendo al contempo attenzione affinché, tale definizione, garantisca la libertà di scelta al singolo e la libertà di associazione a più enti.

Questa volontà pare non essere solo nostra, anzi sembra essere diffusa e condivisa come dimostrano le numerose interrogazioni parlamentari sull’argomento e i disegni di legge che puntualmente vengono presentati ad ogni nuova legislatura. Il passo successivo sarà dunque l’analisi delle proposte fino ad ora avanzate cercando di capire quali passi avanti potrebbero essere fatti.

RIFERIMENTI NORMATIVI:

Codice della Strada Articolo 60

Articolo 63 Legge 342/2000

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