Bollo auto e collezionismo: l’impietoso confronto tra Italia e UE

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Nel prima parte di questa analisi abbiamo comparato la situazione della tassa automobilistica tra Italia e alcuni dei principali paesi europei, concentrandoci in particolare sull’impostazione della tassa ed evitando di trattare gli aspetti relativi ai veicoli storici. La conclusione di questa analisi parziale, facilmente intuibile anche senza conoscenze approfondite in materia, è che la pressione fiscale italiana sul bene automobile è nettamente più alta che negli altri paesi europei.

Una conclusione che, analizzando nel dettaglio la situazione dei veicoli storici, si fa premessa fondamentale quando si voglia comparare la legislazione sui veicoli storici.

Torniamo dunque a verificare i quattro paesi presi in esame nel primo articolo, la legislazione sui veicoli storici prevede queste caratteristiche per annualità e benefici correlati:

Germania – Età d’accesso 30 anni. Tassa di circolazione a € 190,00.

Inghilterra – Età d’accesso 30 anni. Esente tassa di circolazione.

Francia – Età d’accesso 30 anni (esenzione impossibile: la tassa si paga sulle accise sul carburante)

Spagna – 25 anni. Esente tassa di possesso.

Allargando la comparazione ad altri paesi dell’area UE, vediamo come i limiti dei 25 e dei 30 anni siano ampiamente diffusi.

Austria – 30 anni.

Belgio – 25 anni, bollo 61,50 euro.

Danimarca – Oltre 30 anni.

Irlanda del Nord – 30 anni.

Finlandia – 30 anni, esente bollo.

Grecia – 30 anni, esente bollo.

Lussemburgo – 30 anni

Norvegia – 30 anni, bollo 50,00 euro.

Olanda – 25 anni, esente bollo.

Portogallo – 20 anni (meno di 500km/anno)

Svezia – 25 anni, esente bollo.

L’Italia dunque, con il riconoscimento della storicità a 20 anni, rappresenta – rappresentava – un’eccezione nel panorama europeo, dove la situazione è equamente divisa tra il riconoscimento al 25° anno e quello al 30°.  Un argomento questo che sembra rafforzare la posizione del governo e di tutti coloro che hanno applaudito l’innalzamento dell’età minima operata con la Finanziaria 2015. Un argomento, però, fuorviante, se non letto nel più ampio contesto della tassazione sul settore automobilistico.

Chi infatti si è battuto – e si batte – per una non meglio specificata equiparazione dell’Italia agli standard europei non tiene conto di una questione importante che noi abbiamo già chiarito: gli italiani pagano di più e per più tempo le tasse sui propri veicoli e la cosa corretta da fare per diventare veramente “europei” sarebbe abbassare queste tasse, non innalzare l’età dei veicoli storici.  

Qualcuno potrebbe obiettare che l’innalzamento non è dipeso solo dall’adeguamento ai parametri europei, ma è stata anche una mossa dettata da necessità di bilancio e dalla volontà di colpire chi delle agevolazioni fa un uso distorto, i cosiddetti “furbetti” e tuttavia, anche in questo caso ritorniamo a bomba: perché la tassa di  possesso, pagata indipendentemente dal fatto che un veicolo circoli o meno, è un elemento che gioca a sfavore dei veri collezionisti, soprattutto di quelli che posseggono più veicoli, o veicoli di cilindrata maggiore, che di solito coincidono con quelli di maggior pregio – mentre chi fa un utilizzo ordinario di vetture ultraventennali è disincentivato in misura nettamente inferiore. La norma quindi penalizza i collezionisti molto più dei “furbetti”.

Se andiamo poi ad esaminare la questione bilancio è facile capire che la cessione dei veicoli all’estero, o ancora peggio la loro rottamazione, nel medio periodo non porterà benefici alle casse dello Stato, anzi considerando la diminuzione dell’indotto, è estremamente probabile un effetto negativo (come già accaduto per la nautica).

In conclusione, a distanza di un anno dalla sua abrogazione, possiamo dire che il riconoscimento della storicità ai veicoli storici dal 20° anno di età  – con relativi benefici fiscali – rappresentava un’anomalia necessaria proprio perché andava a sanare, almeno parzialmente, una situazione ampiamente svantaggiosa per i collezionisti e gli appassionati di auto italiani. La sua eliminazione ha rappresentato non solo un’ulteriore iniquità di trattamento rispetto ai “colleghi” europei, ma anche una mossa strategicamente sbagliata – almeno per quelli che erano gli obiettivi dichiarati – in quanto i risultati saranno opposti a quelli sperati dal Legislatore.

Inutile dire a questo punto che la situazione necessita di essere urgentemente rivista, con il buon senso, il respiro prospettico e la cognizione di causa che finora sono sempre mancati.

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