Motorismo storico italiano: nuovi sviluppi, chiavi interpretative e qualche domanda

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Oggi vogliamo raccontarvi una storia. Una storia che si compone di alcune scene principali, slegate tra loro – almeno apparentemente – ma che sembrano condurre ad un'unica conclusione, un unico disegno che a noi – sia detto chiaramente – non piace.

Una serie di scene, dunque, che si susseguono in un arco di tempo relativamente breve e che sembrano tendere a una revisione del motorismo storico in chiave elitaria. Ma vediamole più da vicino queste scene:

 –    Scena prima: L’elezione
Nel Marzo 2012 Angelo Sticchi Damiani, ingegnere leccese con una lunga militanza nell’ambito dei motori, comincia a svolgere le proprie funzioni di Presidente dell’ACI. Questa elezione rappresenta un vera e propria svolta per l’Automobile Club che da quel momento comincia sempre più a interessarsi  al motorismo storico – a onor del vero lo era stato anche in passato.

–    Scena seconda: L’annuncio
Il primo importante segnale dell’interesse ACI per le storiche è dell’8 giugno 2013 – a poco più di un anno dall’inizio della presidenza Sticchi Damiani – con l’annuncio della creazione di ACI Storico. Peculiarità del progetto? Citiamo dal Comunicato Stampa dell’ACI stessa:

 “un importante elemento distintivo di ACI Storico sarà la tutela non delle auto vecchie ma di quelle di reale portato storico”. 

Concetto ribadito dallo stesso presidente il 26 ottobre successivo durante il classico appuntamento della Fiera di Padova: 

“Troppe auto vecchie, prive di valore storico e usate ogni giorno nel traffico oggi vengono spacciate per auto d’epoca e godono di privilegi che devono essere riservati alle vere vetture storiche, che per loro natura sono usate poco e bene dai proprietari”.

–    Scena terza: La lista
Quindi, bando agli approfittatori e largo ai veri appassionati. Concetto non solo condivisibile, ma addirittura auspicabile: è doveroso distinguere l’appassionato dall’utilizzatore quotidiano. Ma in che modo ACI intende portare avanti questo obiettivo? Facile. Il 14 novembre 2013 ACI Storico presenta la lista dei veicoli che, secondo l’ente, possono essere definiti storici. Ed è qui – il grande Bardo direbbe – che c'è l'intoppo.
Anche a voi, come è successo a noi, è venuto qualche dubbio sull’utilità di una lista per determinare l’uso di un veicolo? Chi può dire se un’auto compresa nella lista viene usata tutti i giorni o meno? Questo dubbio non sembra turbare ACI e i suoi innominati esperti. Infatti l’avventura continua.

–    Scena Quarta: L’emendamento
Continua con modalità però più tradizionali. Così a dicembre 2013, durante la discussione per l’approvazione della Legge di Stabilità – la vecchia Finanziaria – due deputati PD – gli Onorevoli Covello e Castricone – presentano un emendamento, il 1887, che porterebbe ACI tra gli enti riconosciuti dal Codice della Strada. Purtroppo, per ACI, l’emendamento viene bocciato. Chissà perché…

–    Scena Quinta: Il servizio di Report
Scatta a questo punto una novità inaspettata. Il 5 maggio 2014 la trasmissione Report, da sempre attenta al giornalismo d’inchiesta, dedica un intero servizio al tema dei veicoli d’epoca – a cui partecipa anche il RIVS con qualche puntualizzazione – denunciando l’accesso indiscriminato alle agevolazioni per veicoli storici e rimarcando la differenza tra ciò che è storico e ciò che è semplicemente vecchio. Il messaggio del servizio? In Italia circolano troppe auto vecchie. Pare che l’idea dell’ACI cominci a prendere piede.

–    Scena Sesta: Il DDL Capezzone
Atto conclusivo, almeno per ora, il DDL Capezzone per la Riforma della disciplina delle tasse automobilistiche – ovvero bollo e IPT – attualmente in esame alla Camera. Cosa dice il disegno di legge? Sostanzialmente è un breve testo che prevede l’introduzione di agevolazioni per chi acquista veicoli nuovi: Niente IPT; niente bollo per tre anni; calcolo del bollo basato sulla “capacità inquinante” del veicolo. Insomma una serie di misure atte a favorire la rottamazione di veicoli già in circolazione. Indovinate chi è intervenuto in audizione alla Camera a sostegno del DDL? Il presidente Sticchi Damiani – sì, esattamente quello dell’ACI, quello del primo punto della nostra lista – il quale afferma che

“è necessario stringere le norme per le iscrizioni al registro delle auto storiche perché solo 800 mila su 4 milioni lo sono realmente; gli altri 3,2 milioni sono solo auto vecchie che girano quotidianamente, inquinando ed evadendo l’Erario, mentre invece sarebbero solo da rottamare”.

Sei scene, sei passi, sei punti messi a segno da ACI: gioco, partita, incontro? No, almeno per noi. Vediamo perché.

Cominciamo con un’ammissione, la metafora teatrale c’ha preso un po’ la mano e ci siamo divertiti a dipingere il Presidente Sticchi Damiani come una sorta di eminenza grigia che dal momento della sua elezione ha tirato le fila per impadronirsi del motorismo storico.
Non è nostra abitudine gridare al complotto, anzi mettiamo immediatamente le cose in chiaro: non crediamo che gli avvenimenti sopra elencati siano parte di una qualsivoglia manovra. Eppure c’è qualcosa che li unisce. Un concetto, un’idea, che li permea e che, grazie soprattutto al forte sostegno dell’ACI, sta prendendo piede: Esistono in Italia tot milioni di veicoli vecchi – 3,2 milioni secondo il presidente ACI – che non solo non dovrebbero usufruire delle agevolazioni di legge, ma, ancora meglio, andrebbero eliminati dalla circolazione. Perché? 

– Perché – tutti i condizionali della lista sono d’obbligo – sarebbero fonte d’inquinamento

– Perché tenendoli in circolazione si bloccherebbe il mercato dell’auto

– Perché sarebbero poco sicuri

– Perché – molto semplicemente – vengono considerati dei catorci

Sarebbe interessante sapere su che basi e con quali dati si affermino queste cose e sarebbe ancora più interessante proporre una contro-stima relativa all’aumento di introiti di cui ACI gioverebbe se 3,2 milioni di auto storiche venissero rottamate e rimpiazzate da auto nuove, ma forse vale ancor di più la pena di accantonare per un momento la polemica in favore di una riflessione più complessiva.

Il nostro intento, infatti, l’abbiamo già indicato. Non vogliamo nasconderci dietro un dito o far finta che il motorismo storico italiano non abbia oggi dei problemi. Sappiamo benissimo che la battaglia di ACI e del suo Presidente è in primis contro coloro che in questi anni hanno approfittato della propria posizione di forza per accumulare soci ed entrate. Le domande che poniamo all’ingegner Sticchi Damiani non riguardano dunque le motivazioni dell’ente che presiede o gli obiettivi che si prefigge. 
Ciò che vogliamo chiarire è altro. Queste le nostre domande:

– È sicuro che gli strumenti che sta creando porteranno un effettivo beneficio?

– È sicuro che con una lista come quella stilata non si faccia di tutta l’erba un fascio?

– È sicuro che valga la pena di privare indiscriminatamente gli appassionati degli incentivi alla conservazione sulla base di scelte autocratiche? 

– È sicuro che valga la pena di sacrificare in una guerra di potere tra ASI e ACI buona parte del motoristico italiano?

La nostra risposta la conoscete già, non sono la marca o il modello a rendere l’auto storica, ma la passione con cui il proprietario la conserva, e questo va rimarcato con forza anche in vista di una eventuale riforma del settore. Anche per i veicoli neoventennali esistono club di appassionati, che conservano il proprio veicolo per passione. Solo per fare qualche esempio:

Fiat Punto GT – http://www.puntogtclubitalia.it/ 

Opel Calibra – http://opelcalibra.altervista.org/portale/ 

Lancia Y10 – http://www.y10club.it/

Fiat Croma – http://www.fiatcromaclubitalia.it/

Renault Clio – http://www.clioclub.it/

Fiat Barchetta – http://www.barchetta.it/

Fiat Coupè – http://www.clubdelcoupefiat.com/site/index.php 

Se dovesse passare il concetto espresso da ACI, cosa dovrebbero fare i patiti di un veicolo non compreso nella lista? E quelli che abbiano allestimenti diversi da quelli previsti dall’Automobil Club? Non è selezionando aprioristicamente che si consente ai veri appassionati di conservare e  testimoniare l’evoluzione del settore automobilistico. 

Ribadiamo dunque quello che per noi è un concetto chiaro, e ben distante da ragionamenti utilitaristici: le auto storiche sono un patrimonio di tutti, disciplinato attualmente da leggi sbagliate e parziali. La risposta a queste problematiche non è in una chiusura elitaria imposta dall’alto con una lista – scelta semplicistica che non risolve i problemi – ma nel favorire il pluralismo associativo, creando forme di controllo del lavoro degli enti incaricati all’individuazione dei veicoli d’epoca. Questa è la strada che consentirebbe uno sviluppo sano del settore e un utilizzo corretto degli stessi veicoli.
Un’ultima domanda, ingegnere, ACI vuole collaborare a questo progetto per il bene degli automobilisti?

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