Presidente RIVS
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Rossano Nicoletto, presidente RIVS, affronta il delicato tema del bollo auto storiche in Italia e la sua evoluzione nel corso deli anni.
Nonostante il crescente interesse per il motorismo storico – sostiene Nicoletto – le leggi che regolamentano le agevolazioni del bollo delle auto storiche restano incerte. Questo ha portato ad un sostanziale disallineamento nelle norme tra le diverse regioni, aumentando la situazione di disparità e di incertezza. Qui analizzeremo, con la preziosa consulenza dell’avvocato Giampaolo Schiesaro, i principali cambiamenti che ha subito la tassa di circolazione delle auto storiche con anzianità compresa tra i 20 e i 29 anni. Non lo facciamo per un mero vantaggio personale, ma semplicemente perché abbiamo sete di pluralismo dopo 30 anni di sostanziale monopolio ASI. E, soprattutto, vogliamo favorire tutti gli appassionati e tutti i club non-ASI, affinché tutti i cittadini siano finalmente uguali di fronte al fisco, indipendentemente dal colore della tessera che hanno in tasca.
Tutto ebbe inizio col Decreto Legge n. 285 del 1992 del Nuovo Codice della Strada che al comma 4 dell’articolo 60 recitava così:
4. Rientrano nella categoria dei motoveicoli e autoveicoli di interesse storico e collezionistico tutti quelli di cui risulti l’iscrizione in uno dei seguenti registri: ASI, Storico Lancia, Italiano FIAT, Italiano Alfa Romeo, Storico FMI.
(1) Comma sostituito dalla legge n. 214 del 1° agosto 2003, di conv. del decreto-legge n. 151/2003.
Articolo 12-quater. Il comma 4 dell’articolo 60 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:
«4. Rientrano nella categoria dei motoveicoli e autoveicoli di interesse storico e collezionistico tutti quelli di cui risulti l’iscrizione in uno dei seguenti registri: ASI, Storico Lancia, Italiano FIAT, Italiano Alfa Romeo, Storico FMI».
Come potete facilmente notare, il testo è identico a quello precedente. Potete inoltre notare che la legge non dice in base a quali parametri operativi, di anzianità di servizio e di presenza territoriale siano stati riconosciuti proprio quei 5 registri. Questo invece succede per esempio con le APS o con gli EPS. La legge non prevede nemmeno un registro generale dove questi 5 registri debbano iscrivere i club affiliati e le attività che svolgono. La legge non determina infine un organo di controllo sulle attività dei registri. Questa evidente lacuna legislativa impedisce a qualsiasi altro ente federativo o registro di ottenere un eventuale riconoscimento ministeriale. Infine vi è da segnalare che tre registri – Storico Lancia, Italiano Fiat e Italiano Alfa Romeo – sono federati ASI; formano così un unico grande gruppo ed in sostanza un monopolio di fatto.
Sarà questo articolo del Codice della Strada a gettare le basi per tutta la legislazione successiva in materia di bollo storico.
Come certamente saprete, chi possiede un veicolo con almeno vent’anni di anzianità godeva, fino a dicembre 2014, dell’agevolazione fiscale totale riguardante il bollo. Questo grazie alla legge 342/2000 che definiva che per ottenere l’agevolazione il veicolo doveva però essere iscritto ad uno dei 5 registri riconosciuti dal comma 4 articolo 60 del Nuovo CdS. Quest’ultimo articolo, come poco fa specificato, risale al lontano 1992, ed è chiaramente bisognoso di qualche modifica e aggiornamento normativo.
Vi erano già però delle regioni che avevano legiferato in materia di tributi auto, per cui la situazione fino a dicembre 2014 era la seguente:
Come avremo modo di vedere, da inizio 2015 in poi, verranno stravolti questi delicati equilibri. Il legislatore, anziché migliorare la situazione normativa e rendere la vecchia legge pluralista cancellò con un colpo di spugna tutti i diritti faticosamente acquisiti dal nostro settore.
Cos’è successo a inizio 2015? La legge di stabilità 2015 del governo Renzi (L. 190/2014) ha eliminato l’agevolazione fiscale riservata ai veicoli ultraventennali, ovvero con anzianità compresa tra i 20 e i 29 anni. Non tutte le regioni e le province autonome, tuttavia, si sono allineate al legislatore statale. Questo ha generato una disparità fiscale nelle varie aree del Paese, a fronte di esenzioni, riduzioni e applicazione della tassa ordinaria. In conseguenza della nuova legge, si è creata una situazione di panico tra gli appassionati e gli operatori di settore. Tra il 2015 ed il 2016 anche le regioni si sono trovate a dover affrontare il problema, dovendo fare i conti però con una cascata di ricorsi statali. Questo portò all’abrogazione di leggi che difendevano i benefici riservati ad auto e moto ultraventennali.
Da questa cartina potete vedere la situazione aggiornata a prima del 2019:
Provincia Autonoma di Trento – Un caso particolare viene dalla Provincia Autonoma di Trento: nel 2015 venne promulgata una legge che ripristinava i benefici alle ultraventennali; nonostante il ricorso dello Stato, la Consulta lo rigettò, dando ragione alla Provincia Autonoma. A tal proposito Rossano Nicoletto aveva già previsto quali sarebbero stati gli esiti del ricorso, e in questo articolo trovate maggiori approfondimenti.
Non è difficile intuire che la situazione a questo dramma normativo riguardo al bollo auto potrebbe trovare un lieto fine in una risoluzione regionale. È infatti del 20 maggio 2019 la sentenza della Corte costituzionale (sentenza n. 122/2019) che ha affidato alle Regioni la totale discrezionalità in materia di tributi automobilistici, purché nei limiti del massimale imposto dalle norme statali. Questo significa che lo Stato ha solo la possibilità di determinare il massimo ammontare del prelievo fiscale. Starebbe poi alle singole Regioni determinare l’entità specifica della tassa, potendo persino optare per una totale soppressione della stessa, come successo per esempio in Lombardia.
Nella cartina che proponiamo di seguito la situazione del bollo regione per regione, aggiornata ad oggi:
Per tutti i veicoli ultraventennali il primo passo indispensabile per il riconoscimento dell’autenticità del proprio mezzo è l’ottenimento del Certificato di Rilevanza Storica (CRS) e la relativa annotazione sul libretto di circolazione. In assenza di questi requisiti non è possibile richiedere i benefici fiscali predisposti dalla normativa vigente. I cinque registri autorizzati al rilascio di tale certificato sono indicati al comma 4 dell’articolo 60 del CdS (l. 285/1992).
Mentre i legislatori statali e regionali rimangono di fatto in una situazione di stallo, il Registro ASI resta intoccato nel mantenere il suo sostanziale monopolio. Infatti, con la Legge di Bilancio dello Stato per il 2019 è stato disposto che solo le auto di interesse storico e collezionistico con anzianità di immatricolazione compresa tra i 20 e i 29 anni in possesso del Certificato di Rilevanza Storica (CRS ASI) hanno diritto a una riduzione del 50% della tassa di proprietà. Tra l’altro, c’è da rilevare che la tassa di proprietà, essendo in buona sostanza una patrimoniale, viene calcolata sulla potenza del veicolo, e non già sul valore dello stesso. Questo naturalmente crea ulteriore disparità sociale, facendo pagare di più ai proprietari di mezzi di scarso valore.
A quasi trent’anni di distanza, l’ASI, sia per numero di iscritti, che per presenza sul territorio nazionale, è il principale ente certificatore. Qualunque appassionato, per ottenere la riduzione del bollo auto, è costretto ad associarsi ad ASI; nella situazione attuale ha piena libertà di determinare costi e modalità di rilascio del CRS, stabilendo – spesso in modo discutibile – il valore storico dei veicoli. Può inoltre determinare arbitrariamente quali veicoli abbiano o meno il diritto di esenzione fiscale, senza che vi sia alcun organo di controllo per verificarne l’operato. L’oggettività dei criteri di individuazione del valore storico dei veicoli da parte di ASI è stata messa in dubbio nella puntata di Report del 2014 dal titolo Autosconto, mandata in onda su RAI 3. Qui ha parlato anche il presidente di RIVS in rappresentanza di tutti i club non ASI.
Crediamo siano più che maturi i tempi e sia necessario, dopo trent’anni di monopolio ASI, modificare il Comma 4 dell’articolo 60 del Codice della Strada, rendendolo pluralista e democratico inserendo, intanto, i registri che dimostrino uno spessore e una presenza territoriale adeguata. Da tempo proponiamo di fissare questi parametri di anzianità e di presenza territoriale per poter essere riconosciuti a livello nazionale; parametri che ovviamente dovrebbero essere rispettati anche dai registri già riconosciuti e che potrebbero essere i seguenti:
almeno 100 club affiliati, composti da almeno 50 soci ognuno, con almeno 3 anni di attività e dotati di un Commissario Esaminatore; presenza in almeno 10 regioni e 50 province, senza avere l’obbligo di essere riconosciuti da FIVA, come inopportunamente ha proposto qualcuno a più riprese, senza evidentemente conoscerne i meccanismi.
Spieghiamo per chi non è avvezzo alle questioni burocratiche. FIVA, oltre ad essere un ente privato internazionale, non ha la facoltà di riconoscere nessuno; potrebbe solamente affiliare altri registri italiani oltre ad ASI. Ma FIVA si è già espressa in merito più volte, affermando ufficialmente che ASI è il rappresentante FIVA per l’Italia e non ha nessuna intenzione di affiliare altri registri italiani. (In realtà in Italia sono presenti da tempo altri due club federati FIVA, cioè AIAC e AAVS, ma evidentemente non vengono considerati alla stessa stregua di ASI).
Spendo una parola per i tanti soloni che si arrogano il diritto di decidere a priori quali siano i veicoli meritevoli di essere conservati e quelli che non lo sono. A mio modesto avviso, anche se esistono certamente delle modalità ideali di conservazione e restauro, spetta esclusivamente al proprietario decidere come conservare e restaurare un veicolo, anche in base alle proprie possibilità economiche. Solo lui ne conosce la storia, il grado di affettività e il motivo per cui ha deciso di conservare proprio quel mezzo.
D’altronde tutti i veicoli storici concorrono a formare un museo a cielo aperto di arte in movimento. Per questo motivo noi di RIVS siamo grati a tutti gli appassionati, senza distinzione alcuna, siano essi proprietari della Fiat 500 ereditata dal nonno o di una rarissima Ferrari 250 GTO.
Come specificato in premessa, la nostra battaglia è a favore del pluralismo. Riteniamo quindi sia necessario modificare il comma 4 dell’articolo 60 del Codice della Strada (e successive modificazioni), così da mettere tutti gli appassionati, i club e i registri sullo stesso piano. Le motivazioni sono reperibili nella video intervista dell’avvocato Giampaolo Schiesaro che trovate in questo video:
Contiamo sul sostegno di tutti gli appassionati liberi, e di tutti i club non ASI, favorevoli ad un cambiamento radicale e ad una “liberalizzazione” del motorismo storico dai vincoli fin troppo stringenti che mortificano la passione di moltissimi collezionisti, dal proprietario di una 126 al collezionista più esigente.
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